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al testo di Raffaele Sergi
L’Occhialuto
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L’Occhialuto
Sotto il mare, mare tranquillo e buio (il buio è un giocattolo del vento) sotto coperte da viaggio e scarponi e una miriade di medicine sotto la nave cioè la barca o la zattera o nulla, se ricordo bene: Tranquillo cammina l’Occhialuto mentre marzo lo incarta col suo freddo col suo caldo col suo liquore agrodolce indeciso e lo sostiene in frenetica Folla frenetica che non si perde mai nulla (che poi non è neanche vero). Poiché non bisogna fidarsi mai, poiché il capriccio è Jazz che non ha fine e si trascina il mare nel buio il mare stesso se stesso Soltanto... Ma perché, nessuno saprà mai dire, nell’ora precisa, adunatasi in frammenti di caos l’Occhialuto, chiusissimo nella stanza, Si dipingeva – perché, nessuno saprà mai dire viale muro calce dell’eroe si scioglievano sotto la notte in un sordo lamento. Così insipida e nulla e vuota la notte costruita in rami scheletrici marmorei – non credo avesse qualcosa da perdere. E poi – Io personalmente – penso proprio che l’Occhialuto fosse una persona del tutto insignificante Come lui ce ne sono molti, l’indice di produzione qui da noi è piuttosto alto; sono calde e insistenti queste vite, non sono adatti, credo. Questo, io retorico, io inutilmente continuo a pensarlo, Nonostante (nella mala notte) l’Occhialuto vestito a puntino da indiano Cheyenne, con colori sfarzosi sul viso l’Occhialuto uccide: (Non credo di saperne dare l’idea per cui tralascio l’elenco – e poi c’era un mio caro). E corre, corre impazzito come un cavallo l’Occhialuto egli si porta addosso la veste sfarzosa di chi non ha Guerra, di chi non ha nulla.
26 febbraio 1979 (da Cerchi giocolieri alla vita)
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